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L’incontro tra l’artista ed il kaki di seconda generazione​

Nel mese di luglio del 1995 avvenne l’incontro tra l’artista Tatsuo Miyajima e le pianticelle di kaki di seconda generazione, esattamente un anno dopo la nascita di queste ultime. Artista noto su scala internazionale per la produzione di gadget LED, Miyajima fu invitato a partecipare a due mostre, rispettivamente a Tokyo e a Nagasaki, che facevano parte della serie di mostre denominata “Increspature sull’acqua ‘95”, che si sarebbero tenute in otto città del Giappone. Nel 1990 aveva già presentato ad Hiroshima il suo lavoro “Death of Time”, appartenente alla “Trilogia di Morte”, basata sul tema della “vita”. Egli scelse quindi senza esitazione Nagasaki tra le 8 città che avrebbero dovuto ospitare le mostre e decise di dare vita ad un’opera incentrata sulla bomba atomica. In realtà, Miyajima conservava un vivido ricordo di come era venuto a conoscenza della bomba atomica. A 17 anni, durante la gita scolastica ad Hiroshima, fu sconvolto nel vedere gli orrori della bomba atomica: fu allora che nella mente del giovane iniziò a germogliare un “desiderio di pace”. Da quel momento in poi conservò nel profondo del cuore questo “desiderio di pace” ed ora che era diventato un artista sentì che poteva dargli una forma tangibile.

Miyajima venne a conoscenza di questi alberi di kaki di seconda generazione durante una visita al Museo della bomba atomica di Nagasaki, dove si era recato per fare delle ricerche per il suo lavoro. Si imbatté in un articolo di un giornale locale che raccontava di un “medico delle piante” che aveva estratto i semi dai frutti di un albero di kaki sopravvissuto alla bomba atomica e che li aveva piantumati facendoli germogliare. Il botanico, divenuto benefattore dell’albero di kaki bombardato, era Masayuki Ebinuma. Nonostante in quella circostanza la lettura dell’articolo non lo avesse più di tanto coinvolto, Miyajima, senza un particolare motivo, volle visitare il giardino botanico di Ebinuma. Era come se un filo nascosto gli stesse indicando la strada. Al giardino botanico vide i piccoli alberelli di kaki piantati in vasi. Ebinuma gli spiegò come avesse curato l’albero di kaki bombardato e come lo avesse aiutato a produrre frutti, di come poi aveva estratto da questi frutti i semi e li avesse piantati per far nascere germogli di seconda generazione.

Gli spiegò anche che donava questi alberelli ai bambini che venivano in gita scolastica a Nagasaki. Era grazie alla sua passione che riusciva a sostenere un’attività così intensa, passione generata dal desiderio di creare per i bambini “attraverso la cura dei germogli nati dal kaki vittima della bomba atomica, un’ occasione per riflettere sulla guerra e sulla pace”. Questo discorso lo impressionò moltissimo. Alla fine, però, Miyajima non scelse l’albero di kaki bombardato come tema per la sua esibizione a “Nagasaki – Increspature sull’acqua”. Nelle sue opere utilizzava infatti da molto tempo la tecnologia LED e non si sentiva ancora pronto per lavorare con piante vive. Al loro posto, in quell’occasione, l’opera presentata a Nagasaki, intitolata “Revive Time in the River”, vedeva l’imponente utilizzo di 300 gettoni di led rosso che si illuminavano ad intermittenza, fatti galleggiare nel fiume Urakami, vicino all’epicentro dello scoppio della bomba atomica. Volevano rappresentare tutte quelle persone che in seguito allo scoppio della bomba si gettarono nel fiume ed un auspicio per il riposo delle loro anime. Queste deboli luci rosse che scorrevano nel fiume toccarono il cuore di molti. Nel settembre dello stesso anno la mostra di “Increspature sull’acqua ‘95” si tenne a Tokyo, per tre mesi, organizzata su larga scala con base al museo Watari-um, ma dislocata anche nelle sue vicinanze, nella zona di Aoyama.

Jan Hoet, che allora era il curatore del Museo di arte contemporanea di Gand, in Belgio, curò anche questa mostra e molti artisti di fama internazionale, come Matthew Barney, Vito Acconci e Jan Fabre vi parteciparono. Miyajima era intenzionato ad esporre la stessa installazione che aveva ideato a Nagasaki. Pensava di collocare una vasca circolare nella sabbiera vicino al sentiero pedonale che attraversava Omotesando, sul fiume Shibuya, e di riempirla con l’acqua del fiume Urakami, fatta venire direttamente da Nagasaki. Pensava di riempirla poi degli stessi medaglioni di led rosso utilizzati a Nagasaki. Sentiva, però, che questo progetto in qualche modo era troppo debole. Miyajima avrebbe voluto aggiungervi qualche elemento di forza, un collegamento tra Nagasaki, Tokyo e tutto il resto del mondo: fu allora che gli tornò alla mente l’albero di kaki vittima della bomba atomica. Voleva mostrare alla gente di Tokyo quell’albero sopravvissuto alla bomba, ora rinvigorito e pieno di foglie. Avrebbe forse potuto chiederlo ad Ebinuma, che donava gli alberelli di seconda generazione alle scolaresche che si recavano in gita a Nagasaki! Rifletteva, ma nutriva anche dei dubbi sulla questione. Pensava al rischio di proporre un’opera incentrata sul tema della bomba atomica ai molti artisti internazionali che partecipavano alla mostra.

Non sarebbe sembrato forse troppo banale e ritrito come tema? Non sarebbe passato per un allestimento che trasudava ipocrisia? Ci rifletté per molti giorni, ma il desiderio di mostrare l’albero di kaki rimase intatto. “Sarà veramente la cosa giusta da fare? Ma sì, non mi tiro in dietro!” E furono necessari ancora un po’ di giorni prima che si decidesse a telefonare ad Ebinuma. Sebbene né Miyajima, né la sua famiglia o qualcuno dei suoi amici fossero stati colpiti in alcun modo dai danni della bomba atomica, la forte passione che si era formata in lui da quando aveva 17 anni era tuttora reale. Ora che era diventato un artista, sentiva di poter dar vita, attraverso la sua arte, a quelle che erano state le sue emozioni passate. E così prese in mano il telefono. “Per il momento partecipiamo alla mostra. Posso spedire gli alberelli a Tokyo, ma abbi cura di loro”. Non appena ottenne conferma da Ebinuma che per telefono accettava la sua richiesta, Miyajima comunicò immediatamente al direttore della mostra Jan Hoet il cambio di programma. Hoet fece in modo di assicurare uno spazio espositivo per l’albero di kaki al centro della zona di Aoyama, in una vetrina al primo piano del museo Watari-um (Museo di arte contemporanea Watari).